Nell’era del COVID-19, ci sono altre infezioni che continuano a rappresentare un’importante causa di morbilità e di mortalità e non dovrebbero essere trascurate.
Nei pazienti con HIV, la cART ha rappresentato una svolta epocale, determinando l’immediato crollo delle diagnosi di Aids e della mortalità. L’ottenimento di una viremia stabilmente non rilevabile rappresenta l’obiettivo della cART, che consente di cronicizzare la malattia, sostenendo lo stato di salute della persona. È stato inoltre dimostrato che, nei pazienti in terapia efficace, e virologicamente soppressi in modo persistente, il rischio di trasmettere il virus ad altre persone è praticamente annullato.
Sono quindi elementi fondamentali la diagnosi precoce, l’aderenza alla terapia basata su una solida alleanza terapeutica, e la prevenzione delle complicanze. Per raggiungere l’obiettivo di ridurre anche le nuove diagnosi, fino ad azzerarle, è importante prevenire l’HIV nelle persone che sono più a rischio di infettarsi. Un significativo contributo in questo senso è offerto dalla disponibilità della PrEP, o profilassi pre-esposizione, da attuare con l’associazione dei farmaci tenofovir/emtricitabina, che, se correttamente assunta da persone sieronegative, si è dimostrata efficace nel prevenire l’acquisizione dell’infezione da HIV, come evidenziato negli studi clinici controllati e nelle relative estensioni in aperto, come pure negli studi osservazionali. Questi ultimi hanno confermato anche l’assenza di rilevanti problematiche di tossicità o di insorgenza di eventuali resistenze. Ci sono altre infezioni che non devono uscire dai radar: sono le infezioni opportunistiche.
Lanciare la sfida al loro carico di morbilità e mortalità richiede oggi di compensare le fragilità dei pazienti con COVID-19 ad alto rischio, considerando l’approccio da tenere dalla diagnosi al trattamento, in caso di infezioni batteriche o fungine, oppure in presenza di sepsi.
Infine, l’opportunità di avviare programmi mirati a sorvegliare e controllare le infezioni opportunistiche nelle unità di terapia intensiva, dal laboratorio alla pratica clinica, è un altro tema di grande rilevanza nell’era della pandemia da COVID-19: la frequenza di infezioni prevenibili, e il drammatico impatto in termini clinici ed economici dell’insorgenza di un’infezione in questi reparti, impongono di affrontare le nuove realtà dell’immunocompromissione, considerando sempre il corretto place in therapy delle varie risorse terapeutiche.